L’ho fatto perchè per una Professional Organizer era d’obbligo, ma lo avrei fatto comunque.
Anche se avessi fatto un altro lavoro.
Ho guardato anche io la serie su Netflix: “Facciamo ordine con Marie Kondo”.
Non sai chi è Marie Kondo?
“E’ una scrittrice giapponese di libri di economia domestica. Autrice di best seller, è l’ideatrice del metodo KonMari, sistema studiato per riordinare al meglio gli spazi abitativi con lo scopo di migliorare la qualità della propria vita. Ha pubblicato due libri, Il magico potere del riordino e 96 lezioni di felicità, pubblicati in oltre trenta nazioni”.
[fonte: Wikipedia].
Ti stupisce la dicitura “economia domestica”? Ti capisco. In effetti sentirne parlare al giorno d’oggi suona strano. Ma non è scorretto. La Kondo si occupa di riordino domestico. Anche i Professional Organizer come me si occupano di riordino (tra le altre cose). Il riordino fa parte a tutti gli effetti della gestione della casa che si insegna (anzi, insegnava) in economia domestica. Sempre da Wikipedia infatti puoi scoprire anche tu che in Italia l’economia domestica si insegnava nelle scuole medie fino agli anni ’70, poi è diventata educazione tecnica, ma niente di quello che si insegnava allora è rimasto nei programmi attuali. E qui potrei aprire una luuuunga parentesi sul quanto secondo me sarebbe importante insegnare ancora a scuola certe nozioni di gestione e organizzazione dello spazio domestico, tempi e risorse, ma riservo questo argomento ad un prossimo articolo…
Da libro alla TV (Netflix è TV? Boh)
Dopo il grande successo del suo libro “Il magico potere del riordino” in tutto il mondo, Marie Kondo è diventata un personaggio famosissimo e il suo metodo si è diffuso così tanto da portarla ad essere protagonista di un programma televisivo, trasmesso su Netflix che è una piattaforma di intrattenimento a pagamento.
Come dicevo all’inizio, la serie l’ho guardata, e come è stato per molti altri miei colleghi che l’hanno commentata prima di me, ci sono alcune cose che mi sono piaciute e altre che non mi sono piaciute.
La serie, uscita il 1 gennaio, è ambientata negli Stati Uniti. Le puntate sono otto e ciascuna racconta una situazione diversa: una vedova che vive da sola, una giovane coppia che aspetta l’arrivo del primo figlio, una famiglia con figli, una coppia che inizia la convivenza…
In ogni puntata Marie (insieme alla sua interprete, visto che lei parla principalmente giapponese) si reca a casa di queste famiglie e comincia con loro il percorso di riordino, applicando il suo metodo secondo le sue regole.
E qui arriva la mia prima perplessità…
Il metodo di Marie Kondo è unico e uguale per tutti
Per me e per i miei colleghi questa è una differenza fondamentale nell’approccio al lavoro, poiché per noi P.O. un grosso valore aggiunto del servizio che forniamo è proprio il fatto che sia un percorso personalizzato, pensato e studiato apposta per ciascun cliente, dopo aver raccolto le sue richieste ed esigenze. Anche in una operazione di riordino, che può sembrare una azione più meccanica che altro, vi è una grossa componente personale e personalizzabile. Soprattutto nell’analisi di quali comportamenti modificare per evitare di ritornare in quel disordine.
Marie Kondo impartisce le istruzioni e se ne va
I protagonisti, una volta ricevute le indicazioni su quale categoria di oggetti selezionare e le relative istruzioni, devono fare il lavoro da soli. Anche in questo caso la differenza è chiara: un P.O. lavora a fianco del cliente, è presente per tutto il percorso. Non solo per aiutare a livello pratico, ma soprattutto per sostenere in caso di difficoltà, aiutare a risolvere i problemi che possono presentarsi e non far calare la motivazione. Le persone protagoniste della serie più di una volta si sono sentite sopraffatte dalla confusione generata per mettere a posto (il paradosso del riordino!) oppure si sono trovati in difficoltà nello scontrarsi con certe proprie o altrui resistenze, e se la sono dovuta cavare da soli. Probabilmente se non avessero avuto le telecamere in casa si sarebbero scoraggiati e avrebbero desistito.
C’è anche qualcosa che mi è piaciuto
Bisogna però dare atto alla cara Kondo di aver sparso per il mondo un messaggio che anche noi P.O. diffondiamo, solo che lei si è fatta sentire meglio… (Qui potrei aprire un’altra luuunga parentesi sul potere del marketing, ma lasciamo stare).
La nuova considerazione che si ha del riordino, il gran parlare di decluttering e minimalismo sono sintomi di un’esigenza che sta crescendo in questa opulenza in cui viviamo: tornare ad un rapporto autentico con i nostri oggetti. Che sono tanti, troppi. Ne bastano meno.
Nella serie ci sono diverse cose che salvo:
- lo spazio dato alle emozioni (non poteva non essere così, in uno show di intrattenimento…) nel senso che i partecipanti esprimevano chiaramente quali erano le loro sensazione di disagio, difficoltà, frustrazione, preoccupazione per la situazione in cui si trovavano, e poi raccontavano la gioia e la soddisfazione per il risultato ottenuto a fine percorso
- la trasmissione di metodi di organizzazione, anche se trattati in modo superficiale, come la piegatura degli abiti.
- alcuni concetti, spiegati da Marie molto semplici, ma illuminanti: il concetto di gioia (spark joy) che lei usa per spiegare la percezione del valore che attribuiamo ad un oggetto; il concetto di gratitudine che può alleviare la nostra difficoltà a separarci da qualcosa; quando dice che questo percorso non obbliga le persone a separarsi dalle cose, ma le stimola a chiedersi cosa provano per le cose che possiedono. Per me è bellissimo!
Un pensiero dal pranzo della Befana
Infine, faccio un’ultima riflessione che contiene anche il motivo per cui ho scelto il titolo di questo articolo. Il 6 gennaio di quest’anno io e mio marito abbiamo avuto ospiti per pranzo a casa nostra quattro cari amici, con due di loro ho condiviso una importante esperienza lavorativa in passato. Anche se ora quell’esperienza è finita e facciamo altri lavori, ci vogliamo ancora tanto bene e ogni tanto ci ritroviamo con i nostri mariti/compagni per stare insieme.
Seduti a quella tavola, parlavamo delle nostre rispettive professioni, e passando per la Kondo, ci siamo ritrovati concordi su una opinione: il modo in cui vengono raccontate certe professioni in televisione, in quei programmi che vogliono essere realistici, non corrisponde alla realtà.
Io ora mi riferisco a quelle professioni che erano sedute a quel tavolo:
- Architetto: alla TV sembra che l’architetto arrivi a casa tua con una squadra di supereroi e trasformi la tua casa in un battito di ciglia, facendo diventare la tua casa degna della copertina di una rivista di arredamento. Nella realtà un architetto non lavora così.
- Attore di improvvisazione teatrale: per come la conosciamo dalla TV l’improvvisazione teatrale è comica, fatta in uno studio televisivo (???) improvvisando battute e gag esilaranti, in reazione a stimoli e suggerimenti ricevuti dall’esterno tramite un auricolare. La vera improvvisazione teatrale non è così, ti invito ad andare a vederne uno spettacolo (in teatro!!!).
- Creatore di abbigliamento artigianale, in riferimento alla consulenza d’immagine: tutti pensano che la consulenza d’immagine consista in una aggressione per strada o nel luogo di lavoro con improperi vari, una feroce selezione di abiti con tanto di bidone della spazzatura ben in vista, una rivoluzione immediata e totale del guardaroba con relativo shock finale di amici e parenti nel vederti in tacco 12 quando fino ad allora avevi sempre indossato solo le pedule. Nella vita vera le consulenze d’immagine e il cambio di stile non sono così.
- Professional organizer (io!), in riferimento al riordino domestico: ora tutti pensano che fare il P.O. sia essere Marie Kondo, che riordinare casa si faccia così, con quel metodo, con quelle regole. Nella realtà non è così.
Il magico potere della realtà
Certamente il mondo della TV e dell’intrattenimento ha le sue regole, può raccontare quello che vuole nel modo in cui vuole. Ma sia io che te sappiamo che nella vita vera è diverso, e io ti ho fatto degli esempi di mia conoscenza diretta, ne conoscerai certamente altri. Quindi non fermiamoci a quello che ci raccontano. Per carità, lasciamoci divertire e intrattenere, ma poi se realmente ci interessa quella particolare esperienza diamoci la possibilità di sapere e conoscere come sono le cose realmente. Non facciamoci spaventare, o incantare, o illudere, suggestionare da quello che vediamo in TV.
Ecco quindi, la realtà è un’altra.
E contiene un magico potere: quello di essere soggettiva, personale, unica e preziosa.
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