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Quando si fa esperienza di decluttering, eliminazione del superfluo, selezione degli oggetti… inevitabilmente ci si trova faccia a faccia con una tendenza che a diversi livelli e a diverse forme può toccare moltissimi di noi, se non tutti: l’attaccamento. In questo caso alle cose materiali.
Valore emotivo
Nell’avere una certa affezione alle cose non c’è niente di male, nella vita di ciascuno ci sono regali, ricordi, oggetti anche all’apparenza insignificanti che rappresentano qualcosa di emotivamente importante per noi.
Sul valore emotivo di certe cose che possediamo non si discute, perché sono fonte di sensazioni piacevoli e sentimenti importanti.
Un’osservazione che però mi sento di fare è: questi oggetti che riteniamo importanti e significativi li trattiamo come tali o sono stati dimenticati? Intendo dire: se qualcosa per noi è importante, allora merita di essere valorizzato e curato. Se invece è dimenticato, impolverato, nascosto e magari rovinato, forse dovremmo chiederci se è ancora così tanto importante. Certamente lo è stato, ma può anche essere che ora non lo sia più. E va bene così.
I motivi per cui separarcene è difficile
La riflessione che voglio fare (sempre dal mio punto di vista, che ti ricordo non è quello psicologico) è orientata su quella forma di attaccamento alle cose che non è piacevole, che non ci aiuta e che ci complica la vita.
Spesso infatti accade, che pur riconoscendo di possedere tante cose inutili, che creano solamente disordine, confusione e ingombro, non si riesca ad affrontarle e a distaccarsene… Quindi vorrei provare a identificare i motivi principali per i quali facciamo fatica a separarci dalle cose, anche quando sappiamo che potremmo farne a meno:
- Pigrizia: il primo che mi viene in mente è questo. Le cose sono lì, sai che sono lì. La loro presenza non ostacola lo svolgimento della tua vita quotidiana (perché magari le hai relegate al garage o alla cantina) e quindi puoi ignorarle e tutto fila liscio.
- Soldi: le hai comprate, hai speso magari anche parecchi soldi (pensa ai vestiti..) e anche se non le usi, non ti servono e magari neanche ti piacciono, darle via ti scoccia proprio.
- Rimorso: pur riconoscendo che a te questi oggetti di fatto non servono e non interessano, non riesci ad eliminarli per il pensiero di dare dispiacere o fare torto a qualcuno, o anche solo al suo ricordo.
- Incapacità: vorresti, ma non sai da che parte cominciare, ti viene l’ansia a pensare di affrontare quella stanza o quello spazio pieno di cose, nella più totale confusione.
- Paura: quando ti assalgono mille dubbi e paure per il futuro: “E se poi mi serve?” “E se poi mi pento?”… Questi sono pensieri che nascondono preoccupazioni inutili, che nascondono paure. Un pensiero che aiuta in questo caso è: “Per la persona che sono adesso, per la vita che voglio adesso, per quello che voglio fare adesso, questa cosa mi serve? Mi fa bene?”. Un bel salto, vero?
(Nota bene: queste sono tutte situazioni perfette per farsi supportare da un professional organizer!)
[Intendiamoci, non mi sto riferendo ai casi in cui alla base di questo comportamento vi sia una vera e propria patologia, perché esiste ed è una malattia importante, che solo recentemente è considerata come tale e quindi opportunamente riconosciuta e trattata, e sto parlando del disturbo da accumulo. Nel protocollo di cura di questa malattia, oltre ovviamente al ruolo dello Psichiatra è anche possibile la presenza di un professional organizer, motivo per cui alcuni P.O. si specializzano proprio nel lavoro con questo tipo di clienti.]
Il pericolo più grande
Ecco, nella mia esperienza (anche personale!) l’attaccamento che fa male è quello che deriva dai motivi che ho detto prima e che ci fa sentire così: fermi, bloccati, incapaci di agire, pigri e avari. Quell’attaccamento che sposta il centro dell’attenzione: invece di portarlo su di me, sulle mie azioni e aspirazioni, lo sposta sulle cose al di fuori di me. Che sono lì, ferme e sterili. Questo è il pericolo più grande e il motivo che spinge a ritenere così importante il distacco: il pericolo è dimenticarsi di quello che conta per davvero. Avere la capacità di riconoscerlo e agire di conseguenza.
Al centro ci sono io, e il resto sono solo cose. Sono io che le carico di significati, con le mie attribuzioni mentali. Ma loro sono solo “cose”.
E non a caso il distacco, il minimalismo (e quindi per certi versi anche lo space clearing) sono principi promossi da una lunga serie di filosofie e religioni…
Dove sta il valore?
Lo so anche io che non è facile: la nostra casa non è quella delle foto delle riviste di arredamento, la nostra vita non è quella di un monaco buddista. Ma questo non è una giustificazione per perdere di vista il nostro benessere e a volerlo perseguire. Basta fare piccole cose, cambiare punto di vista, sperimentare e il cambiamento farà sentire i suoi effetti.
Del resto, la nostra vita è in costante evoluzione e il cambiamento ne è il motore. Restare attaccati ciecamente a tutto ciò che ci fa trascinare i piedi invece di compiere passi sicuri è una zavorra che appesantisce l’animo e la mente, ingombra lo spazio, ma anche i pensieri.
L’attaccamento si supera con il distacco, e il distacco si riesce a praticare quando si riconosce dove sta il valore.
In questo caso, quando si parla di oggetti inutili nella tua casa, il valore non è negli oggetti o nei soldi che ti sono costati, il valore sei tu. Con la tua libertà e la tua leggerezza.
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